Cara Antonia,
non so da dove cominciare se non dal sentimento che ho provato visitando il museo a te dedicato, un misto di stupore, malinconia e ammirazione.
In ogni sala, tra le sculture imponenti, i disegni sensuali, le lettere d’amore, sembrava quasi di percepire la tua presenza, silenziosa, elegante, piena di grazia. Ho ascoltato la tua storia, ho osservato le opere nate dal tuo talento, ma anche quelle nate dal sentimento che hai suscitato in René Letourneur e in Jacques Zwobada. Due artisti, due amici, due uomini che ti hanno amata profondamente e in modo diverso, al punto da trasformare le loro vite, la loro arte e persino la loro amicizia. Tu sei stata per loro ispirazione travolgente, capace di generare bellezza e dolore allo stesso tempo.
Mi ha colpito molto la sala “colpo di fulmine”, dove René ti ha amata a tal punto da stravolgere ogni cosa, e ancora di più la sala “ossessione”, dove il tormento e la passione di Jacques sembrano quasi parlare, scolpiti nel bronzo. Ma soprattutto mi ha colpito il tuo sguardo nei tuoi disegni, nei tuoi acquerelli, nelle tue linee morbide. C’era vita in ciò che creavi, c’era anima.
È stato come immergersi in un romanzo, ma reale. E, anche se il finale della tua vita è stato tragico, il museo riesce a restituirci la tua essenza: una donna libera, sensibile, colta, fragile e forte. Una donna che ha lasciato il segno non solo in chi ti ha conosciuta, ma anche in noi che siamo venuti molto dopo.
Ti ringrazio, Antonia. Perché attraverso l’arte e l’amore sei riuscita a lasciare una traccia così intensa, che oggi ci fa riflettere su quanto possa essere potente l’unione tra sentimento e creatività.
Con rispetto e ammirazione,
Matteo Ferramosca